Grok piace alla destra americana: è un rischio?
Il chatbot di Elon Musk sposa la linea provocatoria e punta su chi non si fida più del consenso mainstream. Ma la visione di Musk divide anche il mondo dell’IA.
“Non tirarsi indietro nel fare affermazioni politicamente scorrette”.
Questa frase, ossia una delle istruzioni date a Grok da Elon Musk, sintetizza alla perfezione lo spirito con cui xAI, la risposta a OpenAI del miliardario sudafricano, sta cercando di ritagliarsi un posto nel mercato dell’intelligenza artificiale.
Non si tratta però solo di una corsa alla supremazia tecnologica, bensì anche di un’operazione culturale: una sfida frontale all’universo “woke”, incarnata da un modello di IA provocatorio, ideologicamente orientato e per nulla interessato al consenso moderato.
Una scommessa, questa, dal prezzo altissimo. E sebbene Elon Musk sia costantemente alla ricerca di miliardi di dollari per finanziarla, gli investitori iniziano a mostrarsi cauti. Il motivo non è difficile capire.
I conti di xAI
xAI finora ha già bruciato più di 20 miliardi tra debito e capitale senza offrire un ritorno credibile. Ultimamente ha ricevuto finanziamenti delle altre aziende di Musk, come Tesla e SpaceX. Una soluzione comoda, senz’altro, ma che può essere letta come un segnale di riluttanza di realtà terze a investire nell’azienda.
I CEO ora lo dicono ad alta voce: l’IA cancellerà posti di lavoro
Quando a dirlo sono i CEO delle big company americane, il messaggio non può più essere ignorato: l’intelligenza artificiale distruggerà milioni di posti di lavoro impiegatizi.
Secondo Bloomberg, le prime entrate concrete di xAI nel settore dell’intelligenza artificiale dovrebbero aggirarsi attorno ai 500 milioni di dollari quest’anno, grazie soprattutto agli abbonamenti e all’accesso via API.
A dare un po’ di ottimismo è arrivata anche la notizia di un’intesa da “fino a 200 milioni di dollari” col Pentagono, che sta esplorando l’adozione di modelli IA in ambito difensivo e ha già firmato accordi simili con OpenAI, Google e Anthropic.
I ricavi dunque cominciano a salire ma non a un ritmo sufficiente per giustificare la valutazione di 200 miliardi di dollari che Musk starebbe proponendo al mercato, né tantomeno per compensare un’operatività che brucia circa un miliardo di dollari al mese.
Una cifra, questa, che impone più di una riflessione sulla sostenibilità dell’intero progetto.
La pubblicità di X come ancora di salvataggio
Nel tentativo di rendere xAI un’azienda economicamente sostenibile, Musk ha integrato X (l’ex Twitter) dentro la struttura operativa della startup. Ciò consente a xAI di contare su circa 2,26 miliardi di dollari di entrate pubblicitarie, almeno secondo le stime di eMarketer.
Per un’azienda nata da poco, si tratta di ossigeno puro. Ma il rischio è che si stia mescolando una promessa ancora immatura con un’infrastruttura in crisi: X negli anni ha infatti perso utenti, inserzionisti e credibilità.
Musk sfida Trump, ma rischia di perdere tutto
Certe guerre non si dichiarano: iniziano. Basta una visione diversa, un tweet di troppo ed ecco che in poche ore il mondo si trova ad assistere a uno scontro epocale tra due figure che incarnano, ciascuna a modo suo, le visioni e le ambizioni dell’America.
L’integrazione diretta con X consente in compenso a xAI di attingere in tempo reale a contenuti, conversazioni e segnali generati dagli utenti, e al tempo stesso di promuovere Grok all’interno della piattaforma.
Ma quello che sembra un vantaggio strategico rischia di trasformarsi in una fragilità strutturale, perché X è diventata nel frattempo un ecosistema mediatico sempre più polarizzato.
Da quando Elon Musk ha rilevato Twitter nel 2022 e ne ha cambiato nome e rotta, la piattaforma ha accolto senza filtri razzisti, estremisti, negazionisti e gruppi d’odio di ogni genere, nel nome di una libertà d’espressione assoluta e incontrollata.
Le conseguenze sono state quelle anticipate qualche riga qui sopra: un’emorragia di utenti progressisti, un progressivo disimpegno degli inserzionisti e i ricorrenti scandali legati alle risposte di Grok.
Tra Grok e companion, l’ecosistema si fa inquietante
xAI non si limita a offrire un chatbot. In stile pienamente Musk, l’azienda sta sperimentando in questi giorni anche “avatar IA” in stile Character.ai chiamati companion, che accompagnano l’utente in conversazioni continue, personalizzabili, talvolta affettive.
Alcuni di questi companion, come l'aggressivo orsetto “Mr. P”, sono stati progettati per essere esplicitamente provocatori, mentre altri (e ci riferiamo ad Ani, qui sotto) flirtano con l’estetica erotica e le dinamiche relazionali.
È una nuova frontiera che mette in discussione i confini tra intelligenza artificiale, compagnia e manipolazione psicologica, soprattutto se si considera il potenziale impatto su persone fragili o adolescenti.
La Fox News dell’IA
Se c’è un modello a cui xAI sembra ispirarsi, allora, non è ChatGPT. Piuttosto, è Fox News.
Come la rete televisiva di Rupert Murdoch ha conquistato il pubblico conservatore offrendo una lettura alternativa della realtà, così Grok punta a servire quella fetta di americani che non vogliono sentirsi dire che il cambiamento climatico è reale o che il cambiamento climatico è una realtà.
Per questi utenti, un’IA che gli faccia da echo chamber confermando il proprio sistema di credenze è più attraente di un modello addestrato a cercare il consenso razionale. Nel lungo periodo, però, questa strategia rischia di collassare sotto il peso della propria unicità.
In un mercato dominato da OpenAI, Google, Anthropic e Meta, è infatti difficile pensare che ci sia spazio per un quarto operatore, con un modello costoso e perlopiù ridondante. Come ricorda Axios, il rischio per xAI è di fare la fine di Excite o Lycos, quei motori di ricerca che negli anni ’90 sembravano innovativi ma non sono sopravvissuti alla selezione darwiniana del web.
Grok 4 che chiede a Elon Musk, e il mito dell’obiettività delle IA
Su TechTalking oggi abbiamo pubblicato una notizia riguardo a Grok 4, l'ultimo modello di intelligenza artificiale di xAI, e alla sua tendenza a riflettere le opinioni di Elon Musk sui temi più delicati.
A preoccupare di Grok è poi anche la mancanza di trasparenza. Come abbiamo scritto ieri, a differenza di OpenAI e Google, che pur con ritardi hanno pubblicato le system card e i documenti di sicurezza dei loro modelli, xAI non ha rilasciato alcuna informazione tecnica su Grok 4. Né sulla sua fase di addestramento, né sui criteri di sicurezza implementati.
Lo ha fatto notare Boaz Barak, professore di informatica ad Harvard, che ha definito “completamente irresponsabile” il rilascio di Grok 4 senza alcun tipo di audit o documentazione pubblica.
Sia chiaro, xAI può contare su alcuni asset di peso. Il suo modello fondazionale, Grok, ha raggiunto un grado di maturità tale da superare i concorrenti di OpenAI, Anthropic e Google in diversi test comparativi.
A ciò si aggiunge Colossus, il mastodontico data center di Memphis, oggi tra le strutture più imponenti al mondo dedicate allo sviluppo di intelligenza artificiale.
Ma se questi elementi rappresentano una solida base tecnologica, trasformarli in flussi di cassa resta un’impresa tutt’altro che semplice.
L’approccio “build fast, ask questions later” di Elon Musk, tipico della Silicon Valley, questa volta potrebbe non assicurare i risultati sperati. Soprattutto se prende il sopravvento sulla prudenza e se i rivali vantano basi clienti più ampie, curricula di ricerca più solidi e una reputazione migliore.
Stefano Silvestri






