Ma quindi adesso Elon Musk s’impegnerà di più?
Il piano di compensi approvato ieri solleva una domanda: ma bisogna davvero pagare Musk un trilione di dollari per tenerlo concentrato su Tesla?
C’è una domanda che in queste ore rimbalza tra gli analisti di Wall Street e gli osservatori del marchio Tesla: ma davvero l’attenzione di Elon Musk vale un trilione di dollari?
La cifra monstre del nuovo piano di compensi approvato ieri dagli azionisti non è infatti solo una questione economica: è una dichiarazione simbolica.
È come se Tesla stesse dicendo al suo fondatore (e, di riflesso, a noi tutti) che la sua concentrazione, la sua presenza, la sua “forza vitale” nel progetto valgono più di qualsiasi compenso mai registrato nella storia dell’umanità.
Al che, cosa dobbiamo dedurne? Che ultimamente non si stava impegnando poi così tanto?
L’attenzione come moneta
Negli ultimi mesi i segnali di distrazione non sono mancati. Musk è apparso assorbito da X, da SpaceX, da Neuralink, dalle guerre mediatiche e dalle cause legali con Sam Altman, più che dalle linee di produzione di Austin e Shanghai.
E sì, nel frattempo, le vendite di Tesla hanno rallentato, i margini si sono assottigliati, la concorrenza cinese ha alzato l’asticella e gli incentivi pubblici all’elettrico negli USA sono stati interrotti.
Il ricatto morale cui Musk ha assoggettato il consiglio d’amministrazione di Tesla — approvate il pacchetto remunerativo affinché io mi dedichi anima e corpo all’azienda — lascia però intendere che per il colosso dell’automotive non esistano cause esterne. E che il suo destino sia un mero riflesso dell’attenzione del proprio amministratore delegato.
È però difficile pensare che le sorti di Tesla dipendano solo da fattori interni. Ed è proprio qui che la domanda diventa scomoda: serviva davvero un trilione di dollari per convincere Elon Musk a fare Elon Musk?
Serviva davvero ingolosire coi soldi l’uomo che è già il più ricco al mondo? Quello che, dal palco del New York Times DealBook Summit, diceva agli inserzionisti di X: “se non volete investire non fatelo. Se volete ricattarmi coi soldi, andatevene tutti affanculo (sic.)”?
Soldi e motivazione: una relazione sopravvalutata
Economisti e psicologi mettono in dubbio l’assunto su cui si fondano la maggior parte dei piani di compenso miliardari: che più denaro significhi più impegno.
Ne ha scritto al riguardo il New York Times, che ha interpellato Esther Duflo e Abhijit Banerjee, Nobel per l’economia. I quali sostengono che “l’impatto delle carote finanziarie è stato spesso esagerato”. Non ci sono prove solide che le aziende guidate dai CEO più pagati performino meglio nel lungo periodo.
Al contrario: uno studio su 429 grandi imprese americane ha mostrato che i rendimenti totali per gli azionisti erano più alti proprio nelle aziende dove i compensi dei dirigenti restavano sotto la mediana del settore.
Dan Ariely, economista comportamentale della Duke University, lo ha sintetizzato con una domanda che da sola smonta il mito dell’incentivo infinito: “Immaginate una giornata nella vita di Elon Musk, in cui guadagna 1 trilione invece di 1 miliardo di dollari. Si sveglia e cosa fa diversamente? Beve più caffè, dorme meno, dorme di più, si allena di meno, parla con più persone, pensa più intensamente? Cosa farebbe esattamente?”
A questo livello, spiega Ariely, “non c’è alcun modo in cui un incentivo finanziario ulteriore possa spingerlo a fare qualcosa di diverso”.
Il potere come vera ricompensa
Quando il denaro smette di essere un bisogno, l’unica cosa che resta da conquistare è il potere.
Musk non percepisce uno stipendio da anni e lo ha detto chiaramente: non gli interessa il denaro, ma il controllo. E infatti il pacchetto di stock option che Tesla gli ha promesso è il mezzo per garantirglielo.
Se Musk riuscirà a completare tutti i 12 step previsti dal pacchetto retributivo, arriverà a controllare circa un quarto delle azioni Tesla, diventando di fatto inattaccabile da qualsiasi azionista o consiglio di amministrazione. Non è solo un premio, è una blindatura del proprio potere.
Il consiglio di Tesla, a lui molto vicino, ha difeso la scelta definendola “essenziale per il futuro dell’azienda”. La presidente Robyn Denholm ha dichiarato che Musk “sta facendo cose che nessuno ha mai fatto prima, cose che fanno progredire l’umanità”.
È una visione quasi messianica del capitalismo, dove il leader non è solo un amministratore, ma un visionario da proteggere a ogni costo.
Un visionario alquanto eccentrico, se è vero che parlando con gli analisti di Wall Street del robot di Tesla, Optimus, ha affermato: “Se costruiamo quest’esercito di robot, avrò almeno una forte influenza su di esso? Non mi sento a mio agio nel costruire un esercito di robot se non ho almeno una forte influenza”.
La Tesla di domani
Il motore di Tesla finora è stato anche la capacità di Musk di attirare l’attenzione del mondo sull’azienda, quella stessa attenzione che ora gli azionisti cercano di riconquistare a peso d’oro.
In un’economia dove il tempo e la visibilità valgono evidentemente più del capitale, il nuovo piano di compensi non sembra una ricompensa quanto un investimento: un modo per trattenere l’uomo che, con i suoi tweet e le sue improvvisate, tiene da anni saldamente su di sé i riflettori del mondo della tecnologia, dell’automotive e della finanza.
Ma se per garantire il futuro dell’azienda serve promettergli un trilione di dollari, allora la vera domanda non riguarda Musk, riguarda Tesla. Perché se la sua sopravvivenza dipende dall’umore di un solo uomo, il problema non è quanto s’impegnerà lui, ma quanto senza di lui l’azienda riuscirebbe ancora a funzionare.
Stefano Silvestri






Io vorrei ancora capire cosa gli hanno fatto/detto per farlo sparire dalla scena politica, discorso che appunto riguarda il Potere, lui si sarà rassegnato? o tanti soldi servono proprio per quello? e Tesla ha davvero tutto questo valore, mi sembra che ci sia meno slancio di prima nei confronti delle macchine elettriche, per non parlare della guida autonoma. E decollano meno razzi o se ne parla meno, e perché?